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Abbiamo sempre considerato la coscienza sinonimo di cognizione e consapevolezza, ma oggi le neuroscienze ci parlano di "coscienza anoetica" e ci spiegano che si tratta di forme di esperienza non riflessiva, indispensabili per capire cosa siano le emozioni e i sentimenti e come si sviluppino. Abbiamo sempre cercato la coscienza dentro di noi, nella nostra scatola cranica, ma oggi diversi campi della ricerca scientifica ci inducono a pensare che si tratti di un processo creativo, risultato di un rapporto dinamico con l'ambiente, partner indispensabile per accumulare esperienza e costruire conoscenza, cioè per apprendere ed evitare ogni rischio di rispecchiamento narcisistico. Ne emerge l'idea della coscienza come uno specchio che, anziché restituirci l'effigie di noi stessi, riflette l'immagine dinamica della relazione con l'ambiente fisico, culturale e sociale con il quale il nostro cervello dialoga di continuo, al punto che lo si può considerare il nostro interlocutore ottimale, il nostro "doppio".